INCONTRO A MONZA 9 GIUGNO 2012
ALFONSO
Grazie dell’invito e dell’occasione che questo rappresenta per rileggere il recente IMF sotto l’aspetto della pace, che rappresenta l’elemento unificante di questo colloquio.
I temi di questo IMF, così legati al vivere concreto della famiglia nella società, hanno un implicito riferimento alla pace. Tanto più in questi anni in cui la famiglia ha sperimentato quanto la sua vita quotidiana si consumi in un clima di conflittualità:
con i tempi e ritmi del lavoro che, quando c’è, tende sempre più a essere invasivo e a dettar legge su tutti gli altri aspetti della vita, ma che sempre di più è incerto e genera quindi insicurezza nella famiglia che non può crescere serenamente e compiutamente in una tale situazione.
Famiglia in conflitto anche coi tempi della festa, poiché una cultura più o meno ignara di essere dominata da meccanismi economici a volte occulti, depriva sempre più dei tempi della festa.
L’IMF non ha certo cambiato il mondo del lavoro e i ritmi del vivere delle famiglie. Siamo però testimoni del grande lavoro di riflessione che ha preceduto queste giornate e che ha aiutato molte famiglie a interrogarsi sulla sapienza che sostiene le proprie scelte lavorative e l’organizzazione familiare. Le catechesi hanno aiutato molto in questo… E, se volete si tratta di un primo modo di far pace, che non coincide con il ‘mettersi il cuore in pace’ e accettare l’esistente. In questo caso significa invece aver trovato delle linee, magari difficili e impegnative, che però mi danno la speranza di poter star bene in famiglia anche col lavoro che ho e con i tempi che mi rimangono, ma avendo trovato quei correttivi e aver messo a punto quelle trovate che mi permettono di essere comunque buon padre e buona madre e di far star bene i figli, che comunque vanno salvaguardati per primi. Ciò che spesso rovina le nostre potenzialità è la rabbia sorda che proviene dall’accettare una situazione che ci è imposta e non ci piace… perché ci sentiamo impotenti e in fondo ci arrendiamo (e la rabbia viene da lì). L’IMF è stata un’occasione per esercitare famiglie e comunità alla creatività.
Che poi si è espressa nell’ospitalità, disponibilità altissima… all’accoglienza.
Ma lo stesso evento si è realizzato come incontro pacifico, non mi riferisco solo ai numeri e alle provenienze eterogenee, convissute senza problemi… anzi in un clima di festa e riconciliazione… Ma al fatto che sono state superate o minimizzate differenze che spesso sono state causa di separazione e conflitto: mi pare che la contrapposizione col mondo laico sia stata molto contenuta, e così anche quella fra ‘famiglia ideale’ e ‘famiglia imperfetta’, segnata da dolore e separazioni… il pontefice ha stretto a sé e alla Chiesa tutte le famiglie: penso sia un’esperienza di pace per molti… Un’iniezione di fiducia che conferma e dà serenità nel compito non facile di essere famiglia in questo contesto.
FRANCESCA
«Davanti a voi avete la testimonianza di tante famiglie, che indicano le vie per crescere nell’amore: mantenere un costante rapporto con Dio e partecipare alla vita ecclesiale, coltivare il dialogo, rispettare il punto di vista dell’altro, essere pronti al servizio, essere pazienti con i difetti altrui, saper perdonare e chiedere perdono, superare con intelligenza e umiltà gli eventuali conflitti, concordare gli orientamenti educativi, essere aperti alle altre famiglie, attenti ai poveri, responsabili nella società civile». Con queste parole il papa Benedetto XVI ha parlato della famiglia nell’omelia di domenica, momento culminante dell’Incontro Mondiale delle Famiglie. La famiglia è il luogo in cui i nostri cuccioli, le nuove generazioni, il futuro del mondo apprendono quelle virtù che sono alla base poi della possibilità della convivenza tra umani. Anzitutto la famiglia vive di generosità, dedizione, gratuità, pensiamo a quanto fanno i genitori per i loro figli senza contabilizzare e pretendere restituzione, pensiamo a quanto in famiglia è importante, vitale, tenere conto degli altri, non puoi farne a meno, la famiglia vive di dialogo, confronto, scambio di idee, vive di accoglienza reciproca, di disponibilità ad aiutarsi e sorreggersi… sono tutti ingredienti che costruiscono poi la pace, presupposto primario per la convivenza.
Crescere di queste virtù sociali è possibile solo nell’assenza di conflitti, nell’armonia e nella percezione positiva e grata dell’altro che mi sta accanto e grazie al quale vivo. Anche i contrasti presenti nella famiglia, (che pure sono inevitabili se non addirittura necessari alla crescita delle nuove generazioni e anche tra coniugi possono condurre ad una migliore consapevolezza e profondità del proprio rapporto) entro il contesto familiare assumono la giusta fisionomia di ‘prove’ di passaggio, ‘crisi’ nel senso etimologico del termine, momenti di giudizio, occasione di approfondimento e di discernimento e grazie a Dio trovano spesso facilmente ricomposizione non fosse altro che perché in famiglia non si può resistere a lungo nell’ostilità reciproca. Ecco allora che questi momenti, anche difficili e dolorosi, approdano ad una pacatezza che spesso è dimentica dei torti subiti. Mi riferisco certo alle famiglie in cui l’esito non è quello drammatico della violenza o della vendetta, perché, come sappiamo, la famiglia può essere anche luogo di atroci ingiustizie e avvilimenti, di sofferenze inferte ai deboli; sono i casi di cui sentiamo spesso dire i media, famiglie distrutte dall’odio, dalla violenza, dalla vendetta. Non è qui il luogo per approfondire ma credo si possa dire almeno una parola: per queste famiglie attraversate da tensioni forti sarebbe urgente una attenzione da parte della comunità intera, anche questo costruisce la pace: coltivare, come comunità cristiana, l’abitudine buona e discreta a farsi carico dei pesi altrui per insieme escogitare una via di uscita. Allora forse si può dare parola a quelle sofferenze così profonde e segrete che rischiano di sfociare poi in atti violenti…Questi drammi spesso accadono quando la famiglia è isolata, appartata, lasciata a se stessa e sola. Laddove il contesto aiuta e si interessa della famiglia è più facile che vengano assorbiti i conflitti anche se gravi.
ALFONSO
L’IMF è risuonato come un invito (ad entrambe le parti: politica, impresa e famiglia) alla conciliazione fra la famiglia e il lavoro, anzitutto ribadendo il carattere fontale della famiglia per il mondo della produzione e dell’economia: spesso questo si pensa a partire da logiche proprie, che sempre più spesso sono quelle della massimizzazione del profitto e dell’ottimizzazione dell’impiego delle ‘risorse umane’, ma dimentica che queste risorse e questo profitto sono possibili perché ci sono una famiglia e una società civile che le rendono possibili e sensate. Ci sono dei costi enormi della ‘non famiglia’ sia in termini di costruzione di cittadini autonomi e responsabili sia in quelli costruzione di un benessere che crea anche ricchezza e permette un’economia fiorente.
Ne è venuto un monito per l’economia e la politica a salvaguardare la serenità della famiglia, generatrice di un capitale sociale enorme in termine di benessere, anche economico… Certo questo prefigura un ideale quasi utopico… ma siamo sfidati ciascuno per le proprie capacità e responsabilità…
FRANCESCA
Che dire della festa? La festa ebraica sappiamo che è il sabato, giorno in cui il saluto avviene con le parole: shabbat shalom. Il sabato è il giorno della pace e perfino sulla tavola non deve esserci nulla che può far pensare ad un conflitto, a qualcosa che possa minacciare anche solo lontanamente l’armonia e la via, c’è un coltello a scatto in cui la lama appena usata, rientra… la pace caratterizza il giorno della festa, anche nella tradizione cristiana e nel nostro spontaneo modo di vivere la festa. Ci teniamo, nel giorno di festa, all’armonia, a mettere da parte dissapori perché la famiglia si possa riunire nella serenità ed è giusto che sia così perché la festa è la celebrazione della bellezza dei nostri affetti, di quello che siamo in quanto figli di Dio, fratelli tra noi, madri, padri, sposi. La festa infatti è inaugurata dall’interruzione del lavoro, che trova in essa il suo senso profondo: Dio stesso dopo la creazione consacra il settimo giorno e, dice il testo, lo consacrò proprio perché in quel giorno Dio aveva cessato da ogni suo lavoro che creando aveva fatto. Apre così lo spazio della festa, lo spazio per vivere la nostra dimensione più profonda, quella degli affetti, quella di dall’interruzione della nostra identità di professionisti: medici, insegnanti, casalinghe, operai.. perché nel giorno di festa siamo figli e figlie di Dio, semplicemente e basta.
Nel giorno di festa siamo quelli che siamo, con le nostre cose più care, i nostri legami, gli affetti con i nostri figli, genitori, sposo/a, con Dio che nella festa cristiana ci offre il giorno per esultare e ringraziare della vita. È un momento prezioso da salvaguardare, da sottrarre dalla logica del profitto e della resa efficiente per restituire alla logica della celebrazione e della lode per quello che siamo e che abbiamo ricevuto. È il giorno in cui in famiglia si possono sospendere argomenti spinosi e delicati per lasciare lo spazio a comunicarci la bellezza dell’essere insieme e di essere così come siamo, per dirci che non ci scambieremmo con nessuno, che siamo reciprocamente preziosi e unici. La festa è il giorno della celebrazione eucaristica che dona forza e vigore per iniziare la nuova settimana, è il giorno del contatto buono con la natura,con la comunità allargata, giorno di pace, di serenità e armonia. E come è accaduto per l’ebraismo in cui si dice: non è tanto Israele che ha salvato in giorno di sabato ma il sabato ha salvato Israele, chissà che non scopriamo che la festa celebrata e vissuta, sarà per noi motivo di identità e di forza, di salvezza e liberazione.